XIII - LA VIGILIA

E là, nell'alba più livida e cruda,
nel tempo interminabile presente,
gente di tutto (e di speranza nuda!),

in presenza di Satana (Dio assente!)
dalla Storia umiliata e grave offesa,
(Yahweh remoto troppo, indifferente!),

postasi in fila, in ordine di attesa,
per soggezione manifesta scura
in quella vita immobile sospesa.

Guardiani vigilavano con cura,
l'uno assestando dietro l'altro in fila,
attendendosi l'ora di apertura.

SS, armate fino ai denti, scorte
vigili apparse, stabili e sicure,
stavano presso le ferrate porte.

Derelitte attendevano creature
dall'alto necessarie indicazioni
che timori accrescevano e paure.

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Altoparlanti urlavano istruzioni
d'un tedesco durissimo d'accento
con severi divieti e proibizioni,

senza indugio d'un attimo o momento,
con rigore seguendo ordine imposto
per teutonico scuro intendimento.

E quindi secco risuonò comando
di varcare con ordine le porte
a quel mucchio di carne miserando.

Ed un, d'altri più attento, che la sorte
paventata intravide orrida scura,
incombente, tra guardie e armate scorte,

d'angoscia tratto intollerabil dura,
nell'aria greve putrida corrotta,
distrutto dal terrore e la paura,

tra quella moltitudine condotta
al macello, di là d'ogni frontiera,
a cieca estrema ottemperanza indotta,

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con forza agendo e decisione intera,
(gli occhi due fosse o due carboni accesi
e sguardi d'una fuggitiva fiera!)

tra bruti di stupefazion compresi,
disperando di sé, della sua vita,
mettendo in atto stratagemmi estesi,

d'un tratto, come belva inferocita,
d'una guardia balzò tosto alla strozza,
tra la folla di subito impietrita.

E, afferrata da terra una picozza,
colpì feroce, d'impeto, un soldato
che testa n'ebbe fracassata e rotta.

E colui (l'altro al suolo stramazzato!)
per vantaggio così preso e rincorsa,
da fiducia ingannevole esaltato,

ebbro, folle, frenetico, di corsa,
dalle guardie braccato senza scampo
per approntata dispietata morsa,

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che tosto dietro, senza indugio o inciampo,
cani aizzarono terribili mastini
che, giuntolo e bloccatolo sul campo,

per impervi così giunti cammini,
bestiacce due feroci maledette
con forti zanne e lucidi canini,

affondarono come baionette
nella carne di quel guitto cazzaccio,
fino all'osso, le punte sopraddette,

azzannatolo sì da farne straccio,
nello spasimo estremo di agonia,
il petto e il dorso e l'uno e l'altro braccio.

E corso a perdifiato per la via
mucchio di carne e d'ossa sanguinante,
come preso da subita follia,

per strazio della piaga orripilante
degli inumani suoi persecutori,
come maiale macellato urlante,

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schivar tentava corporali orrori
pena placando orribile presente,
e sottrarsi ai rabbiosi inseguitori.

Ma da torri di guardia prontamente,
datosi per l'energumeno l'allarme
correndo alla follia perdutamente,

affollatisi là guardie e gendarmi,
tosto, aperto con due mitragliatrici,
fuoco d'interdizion senza risparmi

(e lontano altri miseri infelici
con il cuore balzante intero in gola
al crepitio delle mitragliatrici,

per cupa prostrazion senza parola,
dal nevischio aggranchiti e dal piovasco,
fattasi nulla latitanza scuola!),

di colpi crivellarono il fuggiasco,
per esempio così significarsi
di morte scura e rovinoso fiasco.

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E i resti crudi, sanguinosi, sparsi,
appesi furon là, presso la porta,
per esempio così significarsi

a quella turba ammutolita e smorta,
da satanici in pugno aunghiata eredi,
di contraggenio dietro la sua scorta,

di piombo mosse, con fatica, i piedi,
riottosa fatta indocile da prima,
tra mormorate dolorose preci.

E giunti d'ogni disinganno in cima,
in un atroce e strangolato interno,
da dubbi rosi d'impietosa lima,

modo sperando guadagnare alterno,
uomini o spettri lividi sparuti,
vivi uscire dal fondo dell'inferno,

a forza tratti istupiditi e muti,
d'ansia sconvolti e da disperazione
in obbedienza ad ordini temuti,

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d'integrale di Giuda spoliazione
di casacche da campo e d'indumenti
per estrema compiuta umiliazione,

secondo superiori intendimenti.