IX - VITA QUOTIDIANA NEI LAGER

Marcia suonava musicale allegra
tra ansia diffusa ed ansietà indistinta
di banda o compagnia di guitti negra,

nell'aria grigia opaca umida tinta,
in querimonia querula tradotta
tra quella moltitudine dipinta.

Né sbobba scarsa ruminata ghiotta
e digerita tosto in un baleno
per fatica di braccia ininterrotta,

per ore ventiquattro di veleno
d'avida ingorda bramosia pitocca
d'uno stomaco vuoto urlante alieno,

d'un digiuno respinto dalla bocca,
d'uno studio instancabile indefesso
per tòrsi tozzo di pan secco e brocca

(istinto di felicità regresso
per grave troppo tramutato stile
d'un secolo di lumi e di progresso,

IX / 2

in una massa rassegnata vile
per feroci angherie, gravi soprusi,
stimolata da colpi di staffile!).

E già per strada accidentata e torta
muovevansi cortei d'uomini frolli
tra l'ombre lunghe della sera assorta,

dagli stomaci mai sazi satolli
di reduci disfatti prigionieri
dagli occhi fissi, spiritati, folli,

stremati esausti rifiniti interi,
pupazzi goffi e burattini buffi,
da tremendi scortati uomini neri.

Reietti sì diseredati muffi,
fantocci ciondolanti per le vie,
soffiando come logori stantuffi,

tra incomodi, strapazzi ed angherie,
in oggetto mutatisi di scherno
per germaniche atroci parodie,

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in quel terrestre e quotidiano inferno
di sadici carnefici aguzzini
d'un mondo razionale ultramoderno.

Marionette, fantocci e burattini,
mucchio di groppe e teste ciondolanti
per duri impraticabili cammini,

con pena trascinandosi tremanti
su due piedi, a fatica, barcollando,
in marcia di disperazione avanti.

Distrutti corpi d'esistenze al bando,
intirizziti tragici fantocci,
adempiendo supini ogni comando,

carnevalesche maschere agli approcci
del campo, rattrappiti e contraffatti,
spesso nettando con le mani mocci.

Ristretti in fila, logori, disfatti,
gli arnesi caricatisi e le zappe,
marciando sì ridevolmente a scatti,

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uomini o larve o miserande schiappe,
coi calci di fucile sulla groppa
e duri colpi sulle magre chiappe.

Fame covata inappagata troppa
già del ventre incavato urlante bugio
dall'andatura più sbilenca e zoppa,

riempito intero in sogno senza indugio,
forse, per brama di vivanda troppa,
sgombrando d'ingordigia ogni pertugio,

per razione maggior carente zoppa,
per improba fatica senza scampo
lungamente sofferta sulla groppa.

Notificato tosto avviso in campo,
tra gente che più duramente sgobba,
di rancio, che diffusosi in un lampo,

tra quelli a braccia penzoloni e gobba
e sguardi fissi spiritati acuti
per di cucina dispensata sbobba,

IX / 5

dai volti cavi lividi nasuti,
satollar disperando avida fame
senza ripieghi e accorgimenti astuti,

per tozzo nulla aver da dare a strozzo,
bene celato dentro la scarsella,
per di brodaglia saturare il gozzo,

che di zuppa di rape si lardella
per grave refezion fottuta magra
ficcando il viso dentro la scodella,

la ciotola leccando e la zuppa agra,
d'erbacce varie torbido miscuglio,
la faccia gialla come di pellagra.

Broda di crauti, nauseante intruglio,
tracannatosi intero a testa bassa
fin nell'ultimo sconcio rimasuglio,

in mezzo a più vociferante massa
d'un mal represso e cieco tafferuglio
per la fame che resta e che non passa,

IX / 6

per malcelato equivoco subbuglio
per pingue altrui sottrattasi razione
che poi, beato, cacherà sul buglio!,

per cui immensa cresceva confusione
che si rode, si agita e si cruccia
d'incancrenita altrui grave questione,

per poi montare, a pancia vuota, a cuccia
di malavoglia, ruminando intruglio,
col compagno che brontola e si cruccia

per alterco mancato o tafferuglio
di rigurgiti astiosi e tanfi tardi,
d'erbe diverse vario guazzabuglio

(tra cibi forti rancidi gagliardi
di guardiani e di sadici aguzzini
in spianar groppe validi e beffardi!),

guitti pitocchi e miseri tapini,
sudici avendo dritti sulla faccia
pestilenziali altrui piedi vicini.

IX / 7

E l'ingiuria e il dileggio e la minaccia
fino al silenzio tiepido notturno
nella baracca fatiscente e diaccia,

dopo l'ambascia e il pandemonio diurno
d'una folla assiepata irosa muffa
per cambio vicendevole di turno.

Ma tosto acerba soffocata zuffa,
forte spingendo in bocca le calcagna,
nacque per dura ricercar baruffa

col compagno che brontola e si lagna
di dieta nuova e di digiuno vecchio
per epula altrui più scroccata magna,

che, tosto di kapò giunta all'orecchio,
di merda da vuotare alla latrina
graveolente a lui più consegna secchio.

E colui di buon buzzo per la china,
calare in fottutissima distretta
spargendo intorno liquida sentina,

IX / 8

per iracondo poi rientrare in fretta,
lutulento, e montare a cuccia lordo,
per farsi d'altrui più grave disdetta,

del comodo suo più feroce sordo,
nulla alcuna stimando equidistanza
pel suo tozzo di pan serbato ingordo,

al calduccio e ai fetori della stanza,
consumatosi in aspro dormiveglia,
fiutando la merdosa vicinanza.

Aspra, brutale, mattutina sveglia
dal sonno, ovver dall'incubo notturno
d'una forzata ininterrotta veglia

per lavoro forzato improbo diurno,
tosto indossata la casacca a strisce
tra l'attesa e lo spasimo del turno,

d'ogni parte schivando ondose pisce,
e merde schiette, e ferule di cuoio,
come agili sgusciando in mezzo bisce,

IX / 9

per affollarsi in massa al cacatoio,
tra sgherri occhiuti e perfidi bravacci,
prima, e poscia, sfiatato, al lavatoio,

in fretta e furia rabberciando stracci
con cura attenta ed attenzion paziente,
non senza tardità goffa d'impacci,

perder dubbiando colazion presente
per draconiana norma di cucina,
ovvero per fatalità recente,

di pan tozzo raffermo e margarina
tosto addentato e divorato in fretta,
trangugiato tra i cessi e la latrina.

Malaugurata incombere distretta
di pane muffo trafugato tozzo
per farsi d'altrui più nera disdetta!

Meglio rassicurarselo sul gozzo
per nulla grave sofferir rovello
o assillo per altrui prestato a strozzo!

IX / 10

E poi, di corsa, al quotidiano appello
per la sfilata mattinal demente
di sconcio di fantasmi carosello

di parata di spettri altra presente,
da sgherri vigilata e da aguzzini,
inerme moltitudine innocente

tra germaniche schiere di assassini.