PROLOGO ALL'INFERNO

E come il tempo cala alla sua foce
impallidendo dolorosi inchiostri,
gravi del fatto inusitato atroce,

così tra molti avvenimenti nostri,
di vasto sangue è abbeverato il suolo
cui porgono ombra non pietosi chiostri.

Più non può il tempo trascorrente solo
inaudito riudir pauroso schianto
che risuonò dall'uno all'altro polo,

di morte, e il muto doloroso pianto
della razza dannata a Norimberga
di cui fu fatto criminale espianto.

E dove pietà più dentro s'alberga
versasi in cuore inarrestabil flutto
di pianto che non par nulla deterga.

E l'uomo stette e la natura in lutto
nel tempo che già più sofferse strazio
d'un sogno di fraternità distrutto

d'oscuro d'inumanità prefazio,
d'una epoca di angoscia e di paura
nel breve giro e nel più vasto spazio.

E parola dovrà questa sicura
esser detta d'orribile abominio
fattasi già testimonianza scura,

di compiuto israelitico sterminio
cui umana nulla pareggiò sventura,
né verbo di comune raziocinio.

Ed azione così barbara scura
nazione parve avvelenare, indotta
contro umani diritti di natura,

di stirpe a tutte le sevizie rotta,
di esilio senza fine e senza scampo,
da assassini così neri condotta

grave alla morte, di sterminio in campo
tra una folla di spettri prigionieri
dove legge nessuna era d'inciampo.

E retate di militi guerrieri
che l'ordine del mondo hanno sconvolto
nel tempo fatto di abomini interi,

e costume morale hanno dissolto
per soluzione compiersi finale
del popolo di Abramo uno raccolto.

E fu esito estremo micidiale,
non d'anatema forsennato intero
per la stirpe deicida criminale,

ma per segreto più chiuso mistero
che grave alligna di coscienza al fondo
del terzo millenario ultimo impero,

e regime di sangue sitibondo
cui piacque seme spegnere di Giuda
per volontà di esistere nel mondo,

di forza immane e di ragione nuda.